Abbiamo costruito molto, in alcuni casi è comunque possibile costruire ancora nuovi edifici.
La nuova costruzione su aree libere sembra consentire di dar sfogo alle velleità e capacità progettuali di ognuno, dai professionisti -quindi l’architetto, l’ingegnere, il geometra e/o il perito industriale– ai committenti -in questo caso i proprietari, gli abitanti ma pure gli investitori– di certo facilitate dalla mancanza del confronto con l’esistente (che non c’è o semmai è presente in modo astratto, forse dal solo punto di vista culturale).
Nessun limite? Impossibile! Di certo non sono ignorabili i problemi legati alla statica, alla realizzabilità, al costo ed alle normative urbanistiche, per motivi tanto ovvi, in quanto oggettivi, da non dover essere spiegati. Restano comunque notevoli margini di libertà, cui corrisponde altrettanta complessità, dovendosi tenere nella dovuta considerazione -e contemporaneamente- molti aspetti, basti citare la fruibilità, la costruibilità, la durabilità, l’economicità ma anche quelli legati all’immagine degli spazi interni (da vivere) e dei volumi (da percepire all’esterno), dei quali è più difficile parlare ma che non per questo sono meno importanti.
Se però non possiamo ricorrere ai canoni consolidati della bellezza -purtroppo datati ed anzi persi per sempre, con la sola eccezione di qualche discutibile “per me” (…) – e se non accettiamo neppure di adeguarci alle tendenze più recenti -destinate a durare ben poco- le quali, entrambe e pur con i limiti appena detti, ci faciliterebbero non poco il compito, come possiamo comportarci? Molti scelgono la via meno impervia e ripetono, nel migliore dei casi usando la storia o le riviste di settore se non l’edilizia più bassa, che diventano un repertorio di immagini -o solo un catalogo di figurine?- altri però si comportano diversamente ed affrontano davvero le problematiche del “nostro” vivere contemporaneo con esiti meno scontati e a volte assai interessanti e capaci di appagare chi abiterà questi nuovi “oggetti”.
autore: Massimo Meneghin